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IL
CALCIO IN BOCCA
Tutto quello che dovete
sapere sul gioco più
bello del mondo
ma che nessuno ha mai
osato dirvi prima
di
Trapezio
Prepuzio
Capitolo IV -
Due belle favolette calcistiche dall'incerta morale
Arpioncino
In un piccolo
paesino eschimese abitava un bambino eschimese di nome Arpioncino.
Arpinocino aveva una mamma, un babbo e trentasei fratelli eschimesi. Erano
poverissimi. Abitavano in un igloo monolocale dove dovevano fare i turni per
dormire, poco era lo spazio. Il bagno si trovava a 16km di distanza nella
tundra. Il babbo era teoricamente un alcolizzato, ma siccome in Groenlandia
settentrionale non cresce nulla che possa essere fermentato o distillato per
farne alcolici, il babbo era sempre sobrio e ben presente. Arpioncino amava
il calcio con tutta la passione di dodicenne pieno di sogni e di speranze.
Aveva sentito parlare delle famose spiagge brasiliane percorse in lungo e in
largo da frotte di scorpitori di talenti camuffati da pedofili per non
farsi riconoscere, sempre alla ricerca di nuovi campioncini da mettere sotto
contratto. Arpioncino sapeva di avere la stoffa per diventare un giocatore
di classe. Si allenava da mattina a sera (sei mesi consecutivi d'allenamento,
poi dormiva per i sei mesi della notte polare -la vita funziona così al Polo
Nord). Ogni anno, a fine settembre, quando la mamma lo chiamava per cena, il
bimbo faceva sempre le bizze perché non voleva interrompere gli allenamenti,
ma soprattutto perché detestava la minestra di fegato d'orso polare. La
famiglia di Arpioncino era talmente povera che per allenarsi il bambino era
costretto ad usare una palla di ghiaccio ben compatta del peso di tredici kg
e della durezza del diamante. Si allenava in compagnia di una foca monaca
sgattaiolata dal convento lì vicino ed un pinguino emigrato dalla Terra del
Fuoco in cerca di fortuna. Arpionciono era abilissimo di testa, ma a causa
del peso e della durezza della palla gli era venuta una fronte concava che a
volte il babbo usava come portacenere.
Un giorno, mentre
Arpioncino
si allenava, passò da quelle parti Catenacciussen, l'allenatore della
squadra nazionale islandese, sempre a caccia di balene e di nuovi talenti
ibernati fra i ghiacci. Arpioncino, essendo un ragazzo che sapeva cogliere
al volo le occasioni, gli si parò davanti e cominciò a palleggiare.
Sfortunatamente non riusciva mai a fare più di tre palleggi consecutivi a
causa del peso della sferona di ghiaccio che utilizzava. Catenacciussen lo
osservò in silenzio per un po' e poi disse: "Ragazzino, se fossimo in un
paese tropicale ti direi che hai dei piedi a banana irrecuperabili, ma temo
che a causa della latitudine tu non ne capiresti la sottile ironia. Però hai
una bella fronte concava che potrebbe essere utilizzata come acquasantiera
nella cappella privata del centro sportivo della nazionale islandese."
Fu così che
Arpincino divenne l'acquasantiera ufficiale della cappella privata, dedicata
a San Cristoforo, del centro sportivo nazionale islandese alla periferia di
Reykjavik. Con i soldi dello stipendio fu in grado di comprare una scorta di
grappa per il padre ed un igloo nuovo per la famiglia. E tutti vissero
felici e contenti. Se per caso passate dall'Islanda, andate a fargli un
salutino.
Mujaheddino
Mujaheddino era
un piccolo bambino pakistano di sette anni che abitava sul K2. Nella sua
provincia non c'era un metro di pianura nemmeno a pagarlo. Tutto era in
salita (o discesa, dipende) con un'inclinazione minima del 13%. C'era
perfino un lago in discesa in cui si poteva fare lo sci d'acqua senza
bisogno del motoscafo che ti tirava. Arrivati in fondo, si prendeva la
seggiovia e si ritornava all'inizio.
Mujaheddino però
non amava lo sci d'acqua e tantomeno amava lo sport nazionale di quella zona:
il bowling pakistano. Questo sport consiste nel mettere 10 persone in
piedi, incatenate a terra, nella tipica formazione dei birilli del bowling
regolare e far rotolare giù per il ripidissimo pendio un roccione gigante. I
volontari per la posizione di birillo non erano molti e spesso venivano
usati turisti di passaggio. Mujaheddino al contrario amava la dama e fin da
piccolo aveva dimostrato un'attitudine precocissima per questo nobile sport.
Nella regione del
K2, la dama era lo sport più difficile da giocare. Da quelle parti come ho detto prima, tutto, inclusi i tavoli ove si appoggiano le scacchiere, è
inclinato con una pendenza minima del 13%. Una volta sistemata la scacchiera
sul tavolo occorre fare tutte le mosse e finire la partita prima che la
forza di gravità faccia il suo effetto e le pedine comincino a rotolare
verso il fondovalle, secondo con la nota formula della fisica dinamica
a=F/m e a=g=9,8 m/s2. Per questo motivo le partite finivano tutte in pareggio ed alla fine
del campionato tutte le squadre avevano sempre lo stesso numero di punti.
Quando poi arrivava il momento per gli spareggi per lo scudetto, la salvezza,
la coppa UEFA e la Cepsionligh, il caos decuplicava. Il regolamento
prevedeva che in caso di tre o più squadre a pari punti gli spareggi
venissero effettuati giocando un girone all'italiana con partite di andata e
ritorno fra tutte le compagini
appaiate. Essendo tutte le squadre a pari punti occorreva rigiocare un
intero campionato. Poi, quando tutte le gare di spareggio finivano in parità, il regolamento prevedeva che si ricominciasse da capo. In pratica, dopo
settantre anni si stavano ancora giocando gli spareggi del primo campionato
nazionale. Esso era uno sport povero, ignorato dai mezzi di comunicazione e
dal pubblico. Solo i pochi famigliari ed amici dei giocatori sedevano sugli
spalti ad applaudire il momento in cui, prima che potesse essere fatta la prima mossa,
tutte le pedine rotolavano irrimediabilmente verso il fondovalle in una
gioiosa cascata bianca e nera. Era uno sport eccezionalmente spettacolare e
difficile, da atleti veri, ma sulla via del tramonto.
Il babbo di
Mujaheddino, invece, da giovane era stato riserva nella nazionale K2iana di
bowling pakistano e sognava che un giorno il figlio avrebbe ricalcato le
sue orme. Ma Mujaheddino era un puro di cuore. Un'anima candida ed un
idealista totale che odiava gli intrallazzi politici, la violenza, i giochi
di potere ed economici che circondavano il bowling pakistano. Le partite di
bowling spesso sfociavano in atti di violenza che Mujaheddino non riusciva a
concepire. Falangi di hooligans delle squadre rivali invadevano le città rovesciando ed incendiando cassonetti e sfasciando yurt. Come se non
bastasse, spesso gli arbitri favorivano le squadre potenti ed i giocatori si
spupazzavano le bellezze locali attratte dalla fama e dalla ricchezza di
questi rotolatori di pietre, mentre ai giocatori di dama non rimanevano che
le racchie. Ultimamente le cose erano addirittura peggiorate. Il doping
dilagava e le squadre avevano tutte i bilanci in rosso. Il governo era
intervenuto con decreto che spiaccicava i debiti delle società. La serie
cadetta era stata allargata a trecentonove squadre. Non si capiva più nulla.
Era tutto un rifrullare di machandising, antidoping, marketing, audience,
pay-per-view, plusvalenze e financial plan. Un casino tremendo.
Un giorno
Mujaheddino decise che non ne poteva più. Era stanco che il glorioso sport
da lui praticato con tanta passione non venisse considerato da nessuno.
Insieme ad un gruppetto di amici damisti preparò uno striscione lunghissimo
che diceva: "Il bowling pakistano è corrotto e vogliamo che non duri.
Boicottatelo. Viva la dama, lo sport dei puri." Erano sicuri che con un
messaggio così convincente e preciso, con tanto di rima baciata, non
avrebbero avuto difficoltà a convincere i milioni di tifosi del bowling ad
abbandonare quello sport corrotto per gettarsi avidamente sulla dama. Erano
dei sempliciotti.
All'ingresso
dell'impianto sportivo i carabinieri pakistani li fermarono.
-Che c'è scritto
sullo striscione, bambini?- Chiesero gli omaccioni in divisa.
Con mal riposta
fiducia Mujaheddino rispose: - C'è scritto "Il bowling pakistano è corrotto
e vogliamo che non duri. Boicottatelo. Viva la dama, lo sport dei puri",
signore.-
I carabinieri
pakistani sequestrarono lo striscione e presero per il culo Mujaheddino ed i
suoi amici per almeno mezz'ora.
I bambini
entrarono nel bowlingodromo e si sedettero sconsolati nel curvino. Avevano
perso. La dama non sarebbe mai stata apprezzata. Piano piano,
misteriosamente, iniziarono ad appassionarsi alla partita, e verso la fine
del primo tempo si ritrovarono in mezzo agli ultras. Cominciarono a
partecipare ai cori e ad offendere gli avversari: "Avversari, avversari,
vaffanculo", "Vi romperemo il culooooo". Mujaheddino urlava come un
assatanato. Quando l'allenatore avversario fece entrare un giocatore di
colore, Mujaheddino fu colto da un istinto naturale irrefrenabile. iniziò ad ululare e fare il verso della scimmia
che si gratta e mangia la banana insieme agli altri 35.000 spettatori,
dimentico del fatto che anche lui aveva la pelle abbastanza scura. Si era
completamente immedesimato nel branco, contagiato per sempre dalla passione
per quello sport corrotto ed insulso, ma impossibile da abbandonare. Era
diventato parte dell'ingranaggio. Quel giorno la sua squadra subì la settima
sconfitta consecutiva. Pazzo di rabbia, alle due del mattino Mujaheddino di
trovò con altri tre energumeni armati di mazze e catene ad attendere
l'allenatore sotto casa sua per una conversazione tecnica "amichevole".
Da quel giorno
non si è più voltato indietro. Adesso gestisce un sito Internet aggiornato
24 ore su 24 ed organizza trasferte con annessi raid agli autogrill. Ha
perfino pubblicato un libro, "Immarcescibili", che ha venduto oltre 700.000
copie ed il cui terzo capitolo è dedicato alla presa per i fondelli dei
giocatori di dama.
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Materiale di altissimo
livello letterario e pertanto coperto da Copiraitte (c). Se qualche
lungimirante editore volesse mettere su carta cotanta opera, non ha che da
scrivermi a:
ilgrulloparlante@hotmail.com e se ne parla. |
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